Neuroplasticità e Longevià Cognitiva: Lo Yoga contro l’Invecchiamento Cerebrale (40-70 anni)

Dalle neuroscienze moderne alle pratiche millenarie: cosa succede davvero nel nostro cervello quando facciamo yoga e perché potrebbe essere la chiave per un invecchiamento cognitivo di successo.

Negli ultimi vent’anni, la ricerca ha progressivamente chiarito come lo yoga, in quanto pratica mente-corpo, possa influenzare struttura e funzione del cervello adulto. Questo articolo è un’analisi critica delle evidenze sulla neuroplasticità, regolazione dello stress e potenziali effetti neuroprotettivi dai 40 ai 70 anni, distinguendo risultati consolidati da ambiti ancora esplorativi.

L’obiettivo di questo articolo è di fare una sintesi evidence-based per orientare pratica personale e raccomandazioni cliniche, evitando eccessi promozionali.

Introduzione: la rivoluzione silenziosa del cervello maturo

Immagina di avere 65 anni e un cervello più “giovane” di vent’anni rispetto ai vostri coetanei.
Non è fantascienza: le neuroscienze stanno documentando che alcune persone mantengono funzioni cognitive straordinarie nonostante l’avanzare dell’età.

Il segreto?  Spesso si trova in stili di vita che includono pratiche mente-corpo come lo yoga.  Dopo i 40 anni, il nostro cervello inizia cambiamenti sottili ma misurabili:

  • l’ippocampo si riduce mediamente di ~0.4–1.1%/anno con l’età, con tassi più alti dopo i 70 anni;
  • la velocità di processamento rallenta;
  • la vulnerabilità allo stress aumenta.

Ma cosa succederebbe se esistesse un modo per non solo rallentare questo processo, ma addirittura contrastarlo attivamente?

Le neuroscienze moderne stanno scoprendo che lo yoga potrebbe essere molto più di una semplice attività fisica, una pratica che mostra efficacia preliminare nel sostenere la salute cognitiva attraverso meccanismi di regolazione dello stress e promozione della neuroplasticità.

1. Yoga e cervello: quando la tradizione incontra le neuroscienze

Il Modello Integrato Mente-Corpo: Asana, Pranayama e Dhyana

La ricerca scientifica ha identificato nello yoga tre componenti che agiscono sinergicamente sui circuiti cerebrali:

  • Asana (posture fisiche): ogni posizione yoga è un esercizio neuromotorio complesso che stimola propriocezione, equilibrio e controllo spaziale. Studi fMRI in praticanti indicano il coinvolgimento di reti sensori-motorie e parietali, con contributo del cervelletto; studi fNIRS riportano modulazioni della corteccia prefrontale durante respirazione, imagery posturale e meditazione (Villemure et al., 2015; Li et al., 2024).
  • Pranayama (controllo del respiro): il controllo respiratorio yogico modula l’equilibrio autonomico e può aumentare la variabilità della frequenza cardiaca, indicatore di un miglior tono vagale.
    Studi fisiologici (Streeter et al., 2007; Pascoe et al., 2017) mostrano che l’attivazione parasimpatica indotta dallo yoga si associa a riduzioni del cortisolo e dello stress sistemico.
    Questa stimolazione vagale, descritta anche come ‘via colinergica anti-infiammatoria’ (Black & Slavich, 2016; Chen, 2024), rappresenta uno dei meccanismi attraverso cui la pratica potrebbe contribuire alla resilienza e alla protezione del cervello..
  • Dhyana (meditazione in movimento): lo yoga può essere considerato una forma di meditazione dinamica. Il focus costante su respiro e sensazioni corporee allena l’attenzione sostenuta e la regolazione emotiva, con un coinvolgimento documentato della corteccia prefrontale e dell’insula, aree chiave per il controllo cognitivo e la consapevolezza interocettiva (Lazar et al., 2005; Villemure et al., 2015; Gothe & McAuley, 2015; Goyal et al., 2014).

Il problema della standardizzazione

Un limite metodologico significativo è l’eterogeneità degli studi:
differiscono nel tipo di yoga, nella durata dell’intervento e nei tipi di valutazioni cognitive, rendendo i risultati talvolta inconclusivi. È ancora difficile stabilire protocolli clinici standardizzati

2. Neuroplasticità in azione: le trasformazioni cerebrali documentate

Cambiamenti strutturali: evidenze sempre più solide

  • Protezione dalla perdita di materia grigia: uno studio randomizzato controllato (Krause-Sorio et al., 2022) su donne a rischio di Alzheimer ha dimostrato che 12 settimane di Kundalini yoga prevengono l’atrofia della materia grigia rispetto al gruppo di controllo.
  • Aumento del volume ippocampale: uno studio pilota molto preliminare (N=7, senza gruppo di controllo) (Hariprasad et al., 2013) ha riportato aumenti del volume dell’ippocampo dopo 6 mesi di pratica yoga. Questi risultati richiedono conferma in studi più ampi e controllati.
  • Ispessimento corticale: la ricerca seminale di Lazar et al. (2005) ha documentato aumenti dello spessore corticale in aree chiave come la corteccia prefrontale e l’insula. Studi successivi (Villemure et al., 2015) confermano associazioni legate a intensità/anzianità di pratica: più si pratica, maggiori sono i benefici.

La rivoluzione neurochimica: GABA, cortisolo e infiammazione

  • Sistema GABAergico: Streeter et al. (2007) hanno riportato aumenti del 27% nei livelli di GABA talamici (misurati con spettroscopia MR) dopo una singola sessione di yoga in uno studio pilota. Studi successivi (Streeter et al., 2010) hanno confermato differenze nei livelli di GABA tra yoga e walking, con associazioni significative con umore e ansia. confermano riduzioni significative del cortisolo salivare e plasmatico.
  • Effetti anti-infiammatori: studi suggeriscono un effetto di modulazione immunitaria (Black & Slavich, 2016); tuttavia, i marker specifici (IL-6, TNF-α) mostrano risultati ancora non univoci e richiedono ulteriori RCT.

3. Dopo i 40: il cervello vulnerabile e le sue difese

Le sfide neurobiologiche dell’età matura

L’invecchiamento cerebrale è caratterizzato da una serie di cambiamenti progressivi che coinvolgono la struttura e la funzione neuronale:

  • Riduzione del volume ippocampale, con conseguenze sulla memoria episodica;
  • Diminuzione della neurogenesi adulta, in particolare nell’ippocampo dentato;
  • Aumento della neuroinfiammazione, mediata da microglia iperattiva e stress ossidativo;
  • Declino della plasticità sinaptica, che limita la capacità di apprendimento e di adattamento cognitivo.

Questi processi, tuttavia, non sono irreversibili: interventi mirati e tempestivi, cognitivi, fisici e mente-corpo,  possono modulare favorevolmente la traiettoria neurobiologica dell’invecchiamento.

Benefici cognitivi documentati

Evidenze robuste (supportate da meta-analisi)

  • Funzioni esecutive: miglioramenti moderati ma consistenti in attenzione sostenuta e memoria di lavoro (Gothe & McAuley, 2015).

  • Regolazione dello stress: effetti neurobiologici misurabili, inclusa la riduzione dei livelli di cortisolo e una maggiore connettività nelle reti di controllo emotivo (Goyal et al., 2014).

  • Qualità del sonno: la pratica regolare dello yoga è associata a un sonno più efficiente e profondo, cruciale per i processi di consolidamento mnestico e per il “lavaggio cerebrale” del sistema glinfatico.

Evidenze promettenti ma preliminari

  • Prevenzione del declino cognitivo: studi randomizzati controllati recenti (Krause-Sorio et al., 2022; Lavretsky et al., 2024) evidenziano benefici cognitivi e cambiamenti strutturali cerebrali, ma sono necessari follow-up pluriennali per confermarne la stabilità.

  • Neuroprotezione specifica: una review narrativa (Chen, 2024) sintetizza le evidenze su possibili effetti anti-aging dello yoga, legato a meccanismi antinfiammatori e di regolazione dello stress ossidativo; tuttavia, servono studi longitudinali controllati per consolidare tali osservazioni.

4. I meccanismi neurobiologici: come lo yoga “riprogramma” il cervello

La teoria della riserva cognitiva potenziata

Lo yoga può contribuire al mantenimento e al potenziamento della riserva cognitiva, intesa come la capacità del cervello di compensare i danni strutturali o funzionali mantenendo prestazioni cognitive adeguate.

Questo effetto deriva da una stimolazione neuroplastica integrata, che non solo aumenta il capitale neuronale (Brain Reserve), ma favorisce anche l’efficienza neurale (Neural Efficiency), permettendo al cervello di svolgere compiti complessi con minore sforzo o reclutando circuiti alternativi (compensazione) quando necessario:

  • Controllo motorio e coordinazione, attraverso posture e sequenze (asana) che attivano circuiti sensori-motori complessi;
  • Attenzione sostenuta e consapevolezza interocettiva, esercitate nelle pratiche meditative e di concentrazione, ma anche durante l’esecuzione delle asana più complesse, che richiedono un costante monitoraggio sensoriale, self-correction e la gestione della memoria di lavoro (ricordare la sequenza), allenando così l’attenzione sostenuta e le funzioni esecutive;
  • Propriocezione e integrazione sensoriale, che rinforzano la rappresentazione corporea;
  • Regolazione emotiva, mediata da pratiche respiratorie e contemplative che riducono l’attivazione limbica.
  • Funzioni Esecutive e Multitasking Cognitivo, mediante l’esecuzione di sequenze complesse (Vinyasa) che richiedono di mantenere il focus sul respiro, ricordare la sequenza di posture e monitorare l’equilibrio corporeo simula un carico cognitivo elevato, allenando la memoria di lavoro, l’inibizione (ignorare le distrazioni) e la flessibilità cognitiva (passare rapidamente da un compito all’altro).

Potenziamento della connettività cerebrale

Evidenze recenti indicano che l’allenamento yogico può modificare la dinamica delle reti funzionali cerebrali, favorendo una transizione più efficiente tra stati di attenzione, introspezione e riposo (Li et al., 2024).
In particolare, la pratica regolare sembra aumentare la coerenza tra la default mode network (DMN) e le reti esecutive e salienti, promuovendo una maggiore flessibilità cognitiva e una migliore autoregolazione emotiva.

Neurogenesi e plasticità sinaptica

Lo yoga può stimolare la produzione di fattori neurotrofici, in particolare il brain-derived neurotrophic factor (BDNF), fondamentale per la neurogenesi ippocampale e la plasticità sinaptica.
Questi adattamenti molecolari contribuiscono al mantenimento della memoria episodica e all’integrità strutturale delle regioni limbiche, spesso vulnerabili al declino legato all’età.

Il Nervo Vago: Il regolatore del tono autonomico e l’asse Mente-Corpo

Le pratiche di respirazione controllata (pranayama) modulano l’equilibrio autonomico attraverso l’attivazione del nervo vago, incrementando la variabilità della frequenza cardiaca (HRV) — un indicatore di tono vagale e resilienza fisiologica.
L’attivazione vagale attiva la cosiddetta “via colinergica anti-infiammatoria”, riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie (come IL-6 e TNF-α) e favorendo stati di recupero neuroplastico.
In tal modo, lo yoga agisce come un modulatore sistemico che collega mente, corpo e cervello, sostenendo la salute neuronale attraverso vie neuroimmunitarie.

5. Analisi critica: distinguere rigore scientifico e comunicazione divulgativa

Limiti metodologici delle evidenze disponibili

Sebbene la letteratura sullo yoga e le funzioni cognitive mostri risultati incoraggianti, è necessario interpretare tali dati con cautela.
Diversi studi presentano limitazioni metodologiche che ne riducono la forza probatoria:

  • Campioni ridotti e popolazioni eterogenee: la variabilità per età, livello di pratica e condizioni di salute limita la generalizzabilità dei risultati.
  • Assenza di controlli attivi: in molti casi, il confronto avviene con un gruppo di attesa (waitlist), che non consente di distinguere tra gli effetti specifici dello yoga e quelli legati all’attività fisica, al rilassamento o alla socializzazione.
  • Follow-up di breve durata: la maggior parte delle ricerche osserva gli effetti nel breve termine, rendendo difficile valutare la stabilità nel tempo dei benefici cognitivi e neurobiologici.
  • Bias di pubblicazione: la tendenza a pubblicare più facilmente studi con risultati positivi può sovrastimare l’efficacia complessiva riportata nelle revisioni sistematiche.

6. Protocolli evidence-based: verso una prescrizione ottimale

Frequenza e composizione della pratica

Le evidenze attuali suggeriscono che una frequenza di 2–3 sessioni settimanali, della durata di 60–90 minuti ciascuna, sia associata ai benefici più consistenti in termini di funzione cognitiva, regolazione dello stress e benessere generale.

Una composizione bilanciata della pratica sembra favorire l’efficacia neurobiologica:

  • ≈ 60% di asana (pratiche posturali e motorie),
  • ≈ 25% di pranayama (tecniche di respirazione e modulazione autonoma),
  • ≈ 15% di meditazione o rilassamento guidato, volte a consolidare gli effetti neurocognitivi e ridurre l’attivazione limbica.

Questi protocolli derivano principalmente dagli studi controllati di Gothe et al. (2014) e Lavretsky et al. (2022, 2024), che hanno utilizzato sessioni strutturate con supervisione di istruttori certificati.

Stili raccomandati per la fascia over-40

Diversi stili di yoga possono essere selezionati in base all’età, al livello di esperienza e agli obiettivi specifici:

  • Kundalini yoga: studi recenti indicano un potenziale effetto neuroprotettivo, con miglioramenti nella connettività cerebrale e nel tono vagale.
  • Hatha yoga: rappresenta la forma più adatta per principianti, con un equilibrio tra movimento, respiro e consapevolezza.
  • Yin o Yoga Restaurativo: particolarmente indicati per rilassamento profondo, recupero psicofisico e riduzione dello stress cronico.

Integrazione neuroprotettiva globale

Come sottolineato dai ricercatori della UCLA, un approccio realmente efficace per la salute cerebrale combina la pratica dello yoga con altri interventi complementari.
L’orientamento più condiviso propone un modello sinergico di prevenzione neurocognitiva, che integri:

  • 🧘‍♀️ Yoga: 2–3 sessioni a settimana
  • 🏃‍♂️ Esercizio aerobico: circa 150 minuti settimanali, distribuiti su più giorni
  • 🧩 Training cognitivo: attività di stimolazione mentale 
  • 🤝 Socializzazione attiva: partecipazione a reti sociali e attività di gruppo
  • 🥗 Alimentazione mediterranea anti-infiammatoria: ricca di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, olio d’oliva e pesce

7. Scoperte recenti: il futuro è già qui

Breakthrough 2024

Negli ultimi anni, la ricerca sullo yoga ha compiuto significativi progressi nel chiarire i suoi meccanismi neurobiologici attraverso metodiche di indagine avanzate.

  • Neuroimaging funzionale: studi basati su functional near-infrared spectroscopy (fNIRS) hanno evidenziato nel 2024 l’effetto sinergico tra respirazione, postura e meditazione sul flusso ematico corticale, evidenziando modulazioni prefrontali durante respirazione, imagery posturale e meditazione (fNIRS). (Li et al., 2024).
  • Prevenzione dell’Alzheimer: uno studio clinico randomizzato ha mostrato che la pratica regolare dello yoga può ridurre l’atrofia della materia grigia in donne a rischio genetico e cardiovascolare di malattia di Alzheimer (Krause-Sorio et al., 2022).
  • Meccanismi immunologici e anti-aging: una review recente (Chen, 2024) descrive lo yoga come un potenziale intervento multisistemico anti-invecchiamento, capace di modulare risposte infiammatorie, stress ossidativo e regolazione neuroendocrina.

Nota metodologica: La maggior parte di questi studi ha campioni relativamente piccoli (N<100) e follow-up di breve-medio termine (3-12 mesi), rendendo necessarie conferme in studi più ampi e longitudinali.

Biomarker emergenti

Le ricerche più attuali si stanno concentrando sull’identificazione di biomarcatori biologici e fisiologici associati alla risposta individuale alla pratica dello yoga.
Tra i più promettenti:

  • BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor): indicatore chiave di plasticità sinaptica e neurogenesi ippocampale.
  • Variabilità della frequenza cardiaca (HRV): riflette il tono vagale e la resilienza allo stress.
  • Marker infiammatori sistemici (IL-6, TNF-α, CRP): si riducono in seguito a programmi regolari di yoga e meditazione.
  • Polimorfismi genetici legati alla plasticità cerebrale: studi emergenti stanno esplorando come varianti in geni come BDNF Val66Met o COMT possano modulare la risposta individuale alla pratica mente-corpo.

Visione prospettica

L’integrazione tra neuroscienze, genomica e psicologia contemplativa apre la strada a una nuova fase di ricerca sullo yoga: personalizzata, biomarker-guidata e potenzialmente applicabile alla prevenzione di disturbi neurodegenerativi.
Queste scoperte delineano un futuro in cui lo yoga potrà essere studiato e prescritto come intervento neuroprotettivo basato su evidenze, parte integrante della medicina preventiva e dello stile di vita sano.

8. Limiti e controversie: l’onestà scientifica

Cosa non sappiamo ancora

Nonostante l’accumulo crescente di evidenze positive, la ricerca sullo yoga in ambito neurocognitivo presenta ancora zone d’ombra e quesiti aperti:

  • Quale componente è più determinante? Non è ancora chiaro se i principali effetti cognitivi e neurobiologici derivino maggiormente dalle posture (asana), dalla respirazione (pranayama), dalla meditazione o dalla loro combinazione sinergica.
  • Qual è la “dose minima efficace”? Mancano dati conclusivi su frequenza, durata e intensità ottimali per ottenere benefici stabili nel tempo.
  • Quanto durano gli effetti? Le evidenze longitudinali oltre i 5–10 anni sono ancora scarse, rendendo incerta la sostenibilità a lungo termine dei cambiamenti osservati.

Problemi metodologici ricorrenti

Molte delle controversie attuali derivano da limiti di disegno sperimentale che rendono complessa l’interpretazione dei risultati:

  • Campioni di piccole dimensioni e spesso non rappresentativi, che riducono la potenza statistica e la generalizzabilità.
  • Gruppi di controllo non equivalenti, in particolare quando si utilizzano gruppi di attesa (waitlist) anziché controlli attivi.
  • Bias di selezione, poiché chi sceglie di partecipare a studi sullo yoga tende ad avere già un interesse o una predisposizione positiva verso la pratica.
  • Effetto placebo e difficoltà di cecità sperimentale, tipiche degli interventi mente-corpo, che complicano la distinzione tra effetto specifico e aspecifico.

9. Raccomandazioni cliniche: dal laboratorio alla vita reale

Protocollo neuroprotettivo per principianti over-40

Sulla base delle evidenze disponibili, un programma di yoga per adulti sopra i 40 anni può essere strutturato in modo progressivo, adattando frequenza e intensità in base al livello di esperienza e alle condizioni fisiche individuali.
Gli studi di Gothe & McAuley (2015) e Gothe et al. (2014) indicano che 2–3 sessioni settimanali della durata di 60–90 minuti producono miglioramenti consistenti nelle funzioni esecutive e nell’attenzione sostenuta negli adulti e negli anziani.
Analogamente, Tolahunase et al. (2018) e Lavretsky et al. (2024) mostrano benefici su neuroplasticità, regolazione dello stress e tono dell’umore dopo 8–12 settimane di pratica regolare.

Un modello di progressione può quindi articolarsi in tre fasi:

  • Settimane 1–4: circa 2 sessioni/settimana da 45 minuti, con enfasi su respirazione consapevole (pranayama) e posizioni di base per sviluppare propriocezione e stabilità (Cramer et al., 2019).
  • Settimane 5–12: 3 sessioni/settimana da 60 minuti, introducendo sequenze dinamiche e brevi pratiche meditative per stimolare equilibrio e controllo attentivo (Hariprasad et al., 2013).
  • Mantenimento: 2–3 sessioni/settimana da 60–90 minuti, con varietà di stili (Hatha, Kundalini, Yin, Restaurativo) per sostenere la motivazione e l’adattamento neurobiologico (Krause-Sorio et al., 2022; Chen, 2024).

Indicatori di progresso

Gli effetti della pratica tendono a emergere in modo graduale e sequenziale:

  • Miglioramento del sonno entro 2–4 settimane, coerentemente con i risultati di Hariprasad et al. (2013);
  • Riduzione dell’ansia e dello stress dopo 4–6 settimane, come riportato da Goyal et al. (2014);
  • Aumento dell’attenzione e della memoria di lavoro entro 8–12 settimane, in linea con Gothe et al. (2014) e Lavretsky et al. (2024).

Precauzioni e sicurezza

Coerentemente con le linee guida dell’American College of Sports Medicine (ACSM, 2021), è raccomandato un screening medico preliminare per soggetti con patologie cardiovascolari, disturbi dell’equilibrio, osteoporosi, artrite o pregresse lesioni spinali.
Le revisioni di sicurezza (Cramer et al., 2019) indicano che lo yoga è generalmente sicuro se supervisionato da istruttori qualificati e adattato alle condizioni individuali.

10. Prospettive future: dove va la ricerca

Domande aperte

Nonostante i progressi significativi degli ultimi anni, la ricerca sullo yoga come intervento neurocognitivo presenta ancora quesiti irrisolti di grande interesse scientifico:

  • Profili neurobiologici predittivi di risposta: studi recenti suggeriscono che varianti genetiche come BDNF Val66Met o COMT Val158Met possano modulare la risposta individuale alla pratica meditativa e yoga-based (Bærentsen et al., 2022).
  • Età ottimale per iniziare: le evidenze disponibili si concentrano su popolazioni over-50; sono necessari studi longitudinali per valutare se interventi precoci (età 30-40 anni) amplifichino la riserva cognitiva.
  • Sinergie con altre terapie non farmacologiche: programmi multimodali che integrano yoga, esercizio aerobico e training cognitivo mostrano risultati promettenti in ambito di prevenzione neurodegenerativa (Nguyen et al., 2023).
  • Biomarcatori per monitorare l’efficacia: la definizione di indicatori oggettivi (BDNF, HRV, citochine, imaging strutturale) rappresenta una priorità per la ricerca traslazionale (Tolahunase et al., 2018; Lavretsky et al., 2024).

Tecnologie emergenti

L’evoluzione delle neuroscienze applicate apre nuove possibilità di studio e monitoraggio degli effetti mente-corpo:

  • Neurofeedback in tempo reale: l’uso di EEG portatili consente di misurare e restituire feedback immediato sull’attività corticale durante la pratica, facilitando l’autoregolazione (Collura, 2022).
  • Neuroimaging fNIRS in condizioni ecologiche: nuovi studi di functional near-infrared spectroscopy (Li et al., 2024) permettono di analizzare la sinergia tra respirazione, postura e meditazione in contesti realistici.
  • Digital Therapeutics e Intelligenza Artificiale: piattaforme di digital therapeutics basate su AI stanno emergendo per creare protocolli personalizzati di yoga e mindfulness, adattati ai profili cognitivi e fisiologici individuali (Shin et al., 2023).

Un investimento scientifico nel futuro cognitivo

La ricerca neuroscientifica degli ultimi due decenni ha trasformato lo yoga da pratica contemplativa tradizionale a intervento misurabile, con effetti documentati sulla struttura e la funzione cerebrale (Gard, Hölzel & Lazar, 2014; Krause-Sorio et al., 2022).

Certezze attuali (supportate da RCT e meta-analisi):

  • È associato a cambiamenti misurabili nella neuroplasticità strutturale e funzionale (Gothe & McAuley, 2015; Tolahunase et al., 2018).
  • Mostra il potenziale per prevenire l’atrofia della materia grigia in specifiche popolazioni a rischio (Krause-Sorio et al., 2022).
  • È efficace nella modulazione dei sistemi dello stress e dell’ansia, in particolare riducendo i livelli di cortisolo (Goyal et al., 2014).
  • È descritto come un potenziale intervento anti-aging multisistema, con effetti documentati sull’infiammazione e sulla regolazione autonomica (Chen, 2024).

Da confermare (richiede studi longitudinali):

  • Effetti preventivi specifici sulle demenze.
  • Definizione di protocolli ottimali e personalizzati.
  • Mantenimento dei benefici oltre 5 anni di pratica.

In sintesi, lo yoga non è una cura miracolosa, ma si configura come uno strumento promettente e scientificamente supportato che, integrato in uno stile di vita salutare, può contribuire a un invecchiamento cognitivo attivo e protetto.

Studi preliminari e controllati indicano che i primi cambiamenti fisiologici, come l’aumento del BDNF e la modulazione della connettività corticale,  possono iniziare a manifestarsi dopo un periodo di 8–12 settimane di pratica costante (Hariprasad et al., 2013; Lavretsky et al., 2024). Tuttavia, sono necessarie evidenze longitudinali per confermare la stabilità e la rilevanza clinica a lungo termine di tali effetti.

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