Demenza o normale invecchiamento? 7 segni da non ignorare.

Con l’avanzare dell’età, è comune sperimentare piccoli cambiamenti nella memoria e nelle capacità cognitive. È indispensabile distinguere tra un normale processo di invecchiamento e i primi segnali di una possibile demenza. Riconoscere tempestivamente questi segnali è fondamentale per intervenire in modo appropriato e garantire una migliore qualità della vita.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), oltre 55 milioni di persone nel mondo convivono con una forma di demenza, con circa 10 milioni di nuovi casi ogni anno. In Italia, le stime indicano che circa 1,2 milioni di persone sono affette da demenza, di cui il 60% con Alzheimer. Studi recenti dimostrano che l’identificazione precoce dei sintomi può ritardare significativamente la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver.

immagine anziano demenza

Demenza e invecchiamento: le differenze fondamentali

L’invecchiamento comporta fisiologicamente un rallentamento delle funzioni cognitive, come una maggiore difficoltà nel ricordare nomi o nel richiamare rapidamente informazioni. D’altra parte, la demenza è una condizione patologica che si manifesta con una compromissione progressiva delle capacità cognitive e funzionali, interferendo con la vita quotidiana.
I principali fattori di distinzione tra il normale invecchiamento e la demenza comprendono:

  • Memoria: nella demenza si verificano dimenticanze frequenti e significative, che non vengono compensate da strategie mnemoniche efficaci.
  • Orientamento: le persone affette da demenza tendono a perdere la cognizione del tempo e dello spazio, dimenticando luoghi familiari o confondendo le date.
  • Linguaggio: possono verificarsi difficoltà marcate nel trovare le parole giuste e nel seguire un discorso.
  • Capacità decisionali: un calo nel giudizio e nella capacità di pianificazione è tipico nelle fasi iniziali della demenza.

Studi recenti indicano che le alterazioni cognitive che precedono i sintomi evidenti possono anticipare la diagnosi clinica di demenza di diversi anni, evidenziando l’importanza di riconoscere i segnali precoci.

Demenza. I 7 segnali di allarme: quando preoccuparsi

1 – Dimenticanze frequenti e ripetute

Dimenticare occasionalmente nomi o appuntamenti può essere normale, ma quando la perdita di memoria diventa frequente e interferisce con la quotidianità, potrebbe essere un segnale di allarme. La differenza principale è che le persone con demenza spesso non riescono a ricordare l’informazione neanche quando gli viene suggerita.

Esempio clinico: Il signor G., 68 anni, ha iniziato a dimenticare regolarmente di aver già pagato le bollette, arrivando a pagarle più volte nello stesso mese. Nonostante gli appunti lasciati dai familiari, continuava a non ricordare di averle già saldate, mostrando un pattern di perdita di memoria episodica significativamente diverso dal normale invecchiamento.

Diversi studi suggeriscono che nella malattia di Alzheimer la memoria episodica – ovvero la capacità di ricordare eventi recenti in modo autonomo – sia uno dei primi domini cognitivi a subire un deterioramento. Al contrario, nel normale invecchiamento si osservano più frequentemente difficoltà nel richiamo spontaneo, che tendono a migliorare quando vengono forniti indizi di riconoscimento, suggerendo un meccanismo di recupero più che di perdita dell’informazione. (Sperling et al., 2011; Jack et al., 2018).

2. Difficoltà nel trovare le parole

Può capitare a chiunque di cercare un termine senza successo, ma nelle prime fasi della demenza questa difficoltà diventa più marcata. Le persone affette tendono a sostituire parole con termini generici (“quella cosa” invece del nome specifico) o interrompere il discorso per cercare il termine corretto, compromettendo la fluidità della conversazione.

Esempio clinico: La signora M., 73 anni, ex insegnante di lettere con un vocabolario ricco, ha cominciato a utilizzare perifrasi per descrivere oggetti comuni (“quella cosa che usi per scrivere” invece di “penna”) e a perdere il filo del discorso in conversazioni anche brevi, sintomi che si sono intensificati nell’arco di pochi mesi.

Diverse ricerche indicano che deficit di denominazione e il fenomeno della “parola sulla punta della lingua”sono significativamente più frequenti nelle fasi prodromiche della demenza, rispetto al normale invecchiamento. Tali segnali linguistici riflettono un deterioramento dell’accesso lessicale e possono costituire uno dei primi indicatori di un declino cognitivo emergente (Taler & Phillips, 2008; Albert et al., 2001).

3. Confusione con tempi e luoghi

Un lieve disorientamento occasionale può essere normale, ma dimenticare dove ci si trova, perdere la cognizione del tempo o confondere giorni e stagioni sono segnali preoccupanti. In alcuni casi, le persone con demenza possono vagare senza ricordare come siano arrivate in un determinato luogo.

Esempio clinico: Il signor F., 70 anni, si è perso tornando a casa da un negozio che frequentava da anni. Ha vagato per ore nel quartiere prima che un vicino lo riconoscesse e lo riaccompagnasse. Nei giorni successivi, ha mostrato confusione riguardo la data e la stagione, chiedendo perché facesse così caldo nonostante fosse “inverno” (era luglio).

I disturbi dell’orientamento spazio-temporale sono tra i segnali precoci più comuni nei soggetti con Mild Cognitive Impairment (MCI) che progrediscono verso la demenza (Nikolai et al., 2023). Queste difficoltà risultano significativamente più frequenti nei soggetti con declino patologico rispetto a quelli con normale invecchiamento, nei quali l’orientamento rimane generalmente preservato. Approfondite rassegne scientifiche, come quelle sull’interazione cerebello-corticale nella navigazione spaziale e le sue alterazioni nelle demenze, evidenziano ulteriormente come i disturbi dell’orientamento possano costituire indicatori precoci significativi nelle fasi precliniche e iniziali (Mirino et al., 2022).

4. Difficoltà nelle attività quotidiane

Se eseguire azioni di routine (come cucinare, gestire il denaro o guidare) diventa complicato e si verificano errori insoliti, è opportuno approfondire la situazione. Un segnale tipico della demenza è la difficoltà nel seguire istruzioni familiari, come una ricetta che prima si eseguiva senza problemi.

Esempio clinico: La signora P., 65 anni, esperta cuoca, ha iniziato a commettere errori nella preparazione di piatti che cucinava da decenni. Ha più volte dimenticato ingredienti essenziali, lasciato il gas acceso, o non è riuscita a seguire la sequenza corretta nella preparazione, manifestando frustrazione e confusione di fronte a queste difficoltà.

Studi longitudinali indicano che le difficoltà nelle attività strumentali della vita quotidiana (IADL) possono emergere 2-3 anni prima della diagnosi clinica di demenza (Peres et al., 2008). Questo declino funzionale, osservato nei soggetti con Mild Cognitive Impairment (MCI), rappresenta un marcatore precoce affidabile della progressione verso una demenza conclamata (Kueper et al., 2023).

5. Cambiamenti di umore e personalità

Un normale invecchiamento non dovrebbe comportare drastici cambiamenti di umore, ansia improvvisa o atteggiamenti sospettosi verso gli altri. Se una persona manifesta irritabilità, apatia o variazioni nel comportamento sociale, potrebbe esserci una compromissione cognitiva sottostante (Ismail et al., 2023; Rosenberg & Lyketsos, 2008). Spesso i pazienti mostrano un calo della motivazione e una riduzione dell’iniziativa.

Esempio clinico: Il signor L., 72 anni, precedentemente socievole e ottimista, ha sviluppato nell’arco di alcuni mesi un comportamento sospettoso verso i vicini, accusandoli di rubare oggetti che lui stesso aveva spostato. Ha inoltre mostrato episodi di irritabilità immotivata alternati a periodi di apatia e disinteresse per attività che prima amava.

L’apatia è uno dei sintomi neuropsichiatrici più comuni nella malattia di Alzheimer, con una prevalenza media stimata intorno al 49% (intervallo: 19–88%) (Zhao et al., 2016). Nei pazienti con compromissione cognitiva lieve (MCI), la prevalenza dell’apatia varia tra il 10,7% e il 44,8% (Robert et al., 2009). L’apatia è spesso associata a un aumento del rischio di progressione da MCI a demenza e può manifestarsi precocemente nel corso della malattia (Guercio et al., 2022).

6. Difficoltà nel prendere decisioni

Se una persona inizia a mostrare un giudizio compromesso, come dare somme di denaro in modo irragionevole, ignorare le norme di sicurezza o avere difficoltà nella pianificazione e organizzazione, potrebbe essere un segnale di un declino cognitivo clinicamente significativo(Lemos et al., 2015; Spezzano et al., 2024). Questo può riflettersi anche in una scarsa cura della propria igiene personale o nella difficoltà a riconoscere situazioni rischiose.

Esempio clinico: La signora T., 69 anni, ex commercialista meticolosa, ha iniziato a commettere errori nella gestione delle proprie finanze, pagando alcune bollette più volte e dimenticandone altre. Ha inoltre mostrato difficoltà crescenti nel pianificare semplici attività quotidiane e ha fatto acquisti irrazionali di prodotti non necessari in quantità eccessive.

Diverse ricerche indicano che la compromissione delle funzioni esecutive, in particolare della capacità di pianificazione e decisione, può manifestarsi precocemente in alcune forme di demenza, come la demenza frontotemporale e la demenza vascolare (Mourik et al., 2004). Inoltre, in alcune varianti non-amnestiche della malattia di Alzheimer, come la variante disesecutiva o a esordio precoce, le difficoltà esecutive possono precedere i deficit di memoria, rappresentando un segnale iniziale della malattia (Guo et al., 2024).

7. Riduzione dell’interesse per le attività abituali

Un calo di motivazione e interesse per le attività sociali, hobby o passioni che prima venivano praticati con piacere può essere un sintomo precoce di demenza, specialmente se associato ad altri segnali. Le persone possono diventare sempre più passive e ritirarsi dalla vita sociale, riducendo gradualmente il contatto con amici e familiari.

Esempio clinico: Il signor B., 75 anni, appassionato di scacchi e membro attivo di un club di lettura, ha progressivamente abbandonato entrambe le attività nell’arco di un anno. Inizialmente giustificava le assenze con varie scuse, ma i familiari hanno notato che trascorreva sempre più tempo seduto davanti alla TV, senza realmente seguire i programmi e rifiutando inviti sociali che prima accettava con entusiasmo.

Studi pubblicati su The Lancet Psychiatry (Zhao et al., 2023) hanno evidenziato che il ritiro sociale è uno dei primi sintomi comportamentali della demenza e si manifesta in media 5 anni prima della diagnosi clinica. Questo isolamento progressivo è spesso attribuibile a una combinazione di apatia, consapevolezza delle proprie difficoltà cognitive e meccanismi compensatori.

Valutazione neuropsicologica: un percorso verso la chiarezza

Cosa aspettarsi da una valutazione neuropsicologica

La valutazione neuropsicologica rappresenta un passaggio fondamentale per distinguere tra cambiamenti cognitivi legati all’età e segni precoci di demenza. Ma cosa comporta esattamente? Il processo di valutazione solitamente include:

  • Colloquio iniziale: Una discussione approfondita sulla storia clinica, i sintomi percepiti e l’impatto sulla vita quotidiana.
  • Test standardizzati: Vengono somministrati test specifici per valutare diverse funzioni cognitive come memoria, attenzione, linguaggio, capacità visuospaziali e funzioni esecutive.
  • Valutazione dell’umore: Attraverso questionari specifici si esplorano eventuali sintomi di depressione o ansia che potrebbero influenzare le prestazioni cognitive.
  • Colloquio con i familiari: Spesso è utile raccogliere informazioni dai familiari per avere un quadro più completo dei cambiamenti osservati.
  • Restituzione dei risultati: Al termine della valutazione, vengono discussi i risultati, fornendo indicazioni chiare e personalizzate.

I test neuropsicologici rappresentano strumenti altamente efficaci nella diagnosi precoce dei disturbi neurocognitivi. In uno studio prospettico, Belleville e colleghi (2014) hanno dimostrato che una combinazione di misure su memoria episodica, linguaggio e funzioni esecutive è in grado di prevedere la progressione da decadimento cognitivo lieve (MCI) a demenza con una sensibilità dell’86,2% e una specificità dell’88,9%, evidenziando l’importanza di valutazioni precoci e multidimensionali.

Demenza. Prevenzione e interventi precoci: strategie basate sulle evidenze

La ricerca dimostra che alcuni fattori di rischio per la demenza possono essere mitigati attraverso abitudini di vita salutari (Baumgart et al., 2015; Livingston et al., 2024). Ecco alcune strategie supportate da evidenze scientifiche:

Esercizio fisico regolare

L’attività fisica non è solo benefica per il corpo, ma anche per il cervello. Uno studio pubblicato su The BMJ (Hadjichrysanthou et al., 2023) ha dimostrato che 150 minuti settimanali di attività aerobica moderata possono ridurre il rischio di demenza del 30-40%. L’esercizio migliora la circolazione sanguigna cerebrale, stimola la produzione di fattori neurotrofici e promuove la neurogenesi, contribuendo alla “riserva cognitiva”.

Cosa fare: Anche semplici camminate quotidiane di 30 minuti possono fare la differenza. L’importante è la regolarità più che l’intensità.

Alimentazione equilibrata

La dieta mediterranea e la dieta MIND (Mediterranean-DASH Intervention for Neurodegenerative Delay) hanno mostrato risultati promettenti nella riduzione del rischio di declino cognitivo. Uno studio pubblicato su Neurology (Morris et al., 2024) ha rilevato che l’aderenza alla dieta mediterranea è associata a una riduzione del 53% del rischio di Alzheimer.

Cosa fare:

Aumentare il consumo di:
• Frutta e verdura colorata (contenenti antociani e flavonoidi)
• Pesci grassi ricchi di omega-3 (salmone, sgombro)
• Frutta secca e semi
• Olio d’oliva extravergine
• Legumi e cereali integrati

E ridurre:
• Carni rosse e processate
• Dolci e alimenti ultraprocessati
• Grassi saturi e trans

Stimolazione cognitiva

Mantenere il cervello attivo è fondamentale. Una revisione sistematica ha dimostrato che la stimolazione cognitiva regolare può migliorare la memoria, l’attenzione e il linguaggio nelle persone anziane, inclusi soggetti con decadimento cognitivo lieve o demenza (Woods et al., 2012; Grande et al., 2022). L’apprendimento di nuove abilità risulta particolarmente efficace poiché attiva diverse aree cerebrali simultaneamente (Gates et al., 2019).

Cosa fare:

Alternare diverse attività stimolanti:

  • Lettura di diversi generi
  • Giochi di strategia e logica
  • Apprendimento di nuove lingue o strumenti musicali
  • Puzzle e cruciverba
  • Corsi su argomenti mai esplorati prima

Interazioni sociali

L’isolamento sociale è un fattore di rischio indipendente per la demenza. Uno studio longitudinale pubblicato su The Lancet Public Health (Zhao et al., 2023) ha dimostrato che le persone con una rete sociale attiva hanno un rischio di demenza ridotto del 26% rispetto a coloro che vivono in condizioni di isolamento.

Cosa fare:

Coltivare relazioni significative attraverso:

  • Partecipazione a gruppi con interessi comuni
  • Volontariato
  • Mantenimento di contatti regolari con amici e familiari
  • Attività di gruppo (cori, circoli di lettura, gruppi di cammino)

Gestione dello stress e qualità del sonno

Stress cronico e disturbi del sonno hanno effetti negativi documentati sulla salute cerebrale. Uno studio sistematico pubblicato da Blanco-Silvente e colleghi (2023) su Sleep Medicine Reviews ha evidenziato che l’insonnia cronica è associata a un aumento del 27% del rischio di demenza, sottolineando l’importanza di strategie per migliorare la qualità del sonno e gestire lo stress.

Cosa fare:

  • Praticare tecniche di rilassamento come mindfulness, yoga o respirazione profonda
  • Mantenere orari regolari di sonno
  • Limitare l’uso di dispositivi elettronici prima di dormire
  • Creare rituali serali rilassanti

Domande frequenti sulla demenza e l’invecchiamento

È possibile prevenire completamente la demenza?

Non esiste attualmente un metodo sicuro per prevenire completamente la demenza, ma gli studi mostrano che fino al 40% dei casi potrebbe essere prevenuto o ritardato modificando i fattori di rischio (Livingston et al., 2024). Il concetto di “riserva cognitiva”, sviluppato attraverso educazione, stimolazione mentale e stile di vita attivo, può compensare parzialmente i cambiamenti cerebrali legati all’età o patologici.

I farmaci possono curare la demenza?

Attualmente non esistono cure definitive per la maggior parte delle forme di demenza, incluso l’Alzheimer (De la Monte & Tong, 2024). I farmaci disponibili possono aiutare a gestire i sintomi e, in alcuni casi, rallentare la progressione, ma l’approccio più efficace è multimodale e include interventi farmacologici e non farmacologici personalizzati. La ricerca è in continua evoluzione, con promettenti terapie in fase di sperimentazione.

Se un familiare ha avuto la demenza, la svilupperò anch’io?

La familiarità è un fattore di rischio per la malattia di Alzheimer, ma non determina con certezza lo sviluppo della malattia. Studi epidemiologici hanno mostrato che avere un parente di primo grado affetto da Alzheimer è associato a un rischio circa 1,7 volte maggiore di sviluppare la malattia rispetto a chi non ha familiarità (National Institute on Aging, 2022). Tuttavia, questo rischio è influenzato da molteplici altri fattori: genetici, ambientali e legati allo stile di vita. Mantenere abitudini salutari, come seguire una dieta equilibrata, fare attività fisica e stimolare la mente, può contribuire a ridurre il rischio complessivo, anche per chi ha casi in famiglia.

Qual è l’età tipica di insorgenza della demenza?

Sebbene la prevalenza aumenti con l’età (raddoppiando ogni 5 anni dopo i 65 anni), la demenza non è una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento. Esistono forme ad esordio precoce (prima dei 65 anni) e forme ad esordio tardivo. L’età media di diagnosi per l’Alzheimer è intorno ai 75 anni, ma i cambiamenti cerebrali iniziano molti anni prima della manifestazione clinica.

Quanto è importante la diagnosi precoce?

La diagnosi precoce è fondamentale per molteplici ragioni:

  • Permette di escludere cause reversibili di declino cognitivo (carenze vitaminiche, effetti collaterali di farmaci, depressione)
  • Consente di iniziare tempestivamente terapie farmacologiche e non farmacologiche
  • Offre la possibilità di partecipare a trial clinici sperimentali
  • Permette alla persona e alla famiglia di pianificare il futuro
  • Facilita l’accesso ai servizi di supporto disponibili

La mia esperienza come neuropsicologo

Nella mia pratica clinica in neuropsicologia, ho osservato come la diagnosi precoce e l’intervento tempestivo possano fare un’enorme differenza nella qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. Spesso le persone arrivano alla valutazione neuropsicologica dopo mesi o anni di segnali sottovalutati, quando l’ansia e la frustrazione hanno già compromesso significativamente il benessere familiare.

Ogni valutazione neuropsicologica ha l’obiettivo di unire l’analisi delle funzioni cognitive a un ascolto attento della storia e dei bisogni della persona.

Invito chiunque noti in sé o in un familiare i segnali descritti in questo articolo a non esitare nel cercare una valutazione professionale. Non si tratta di allarmarsi prematuramente, ma di prendere in mano la propria salute cognitiva con consapevolezza e responsabilità. A volte ciò che sembra l’inizio di una demenza può rivelarsi una condizione del tutto diversa e trattabile, mentre altre volte una diagnosi tempestiva può fare la differenza nel percorso terapeutico. Prendersi cura della propria salute cognitiva è un atto di amore verso se stessi e verso chi ci sta accanto. È un processo che inizia con la consapevolezza e prosegue con piccole scelte quotidiane che, nel loro insieme, costruiscono una “riserva cognitiva” preziosa per affrontare le sfide dell’invecchiamento.

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