Sindrome da concussione multipla in ambito giuridico

“Le conseguenze dei traumi cranici sulle diverse funzionalità cerebrali, cognitive, comportamentali, motorie e sensoriali, hanno rappresentato negli ultimi 30-40 anni un evento devastante” [Tagliaferri et al., 2006; ISTAT, 2015].  In Italia, ogni anno, vengono ricoverati per “trauma cranico” 250 pazienti ogni 100.000 abitanti (Li et al., 1999; Hoffman et al., 2000),  di questi la maggior parte è costituita da traumi cranici lievi (TCL) [SINch, Società Italiana di neurochirurgia. Linee guida nazionali per il trattamento del trauma cranico minore e severo].

In uno studio effettuato dall’ ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) sulle prestazioni richieste ai servizi di Pronto Soccorso dei due centri ospedalieri di Verona, il Policlinico “G.B. Rossi” e l’Ospedale Civile Maggiore, 153 casi traevano ragione da lesioni dichiaratamente cagionate da atti violenti “domestici”, intendendo per “domestico” quell’insieme di legami e sentimenti che trovano residenza nella sfera degli affetti piuttosto che nel luogo ove essi coabitano. Dei casi presi in considerazione, 91 erano interessati da traumi al capo o al collo, in 32 veniva rilevato un trauma cranico  [ISPESL Quaderni per la sicurezza. Violenza Domestica]. La fascia di età più critica, nella quale la probabilità che l’evento accada aumenta in modo significativo, è compresa tra i 26 e 45 anni di età.  Affiancata alla pandemia da SARS-CoV-2, inoltre, è presente una temibile epidemia di maltrattamento infantile. In letteratura sono comparse le prime misurazioni dell’aumento dei casi di maltrattamento che coinvolgono i bambini. L’incremento del trauma cranico da abuso riflette un incremento della violenza domestica già osservato in occasione di misure di isolamento o segregazione per il contenimento di epidemie infettive. (Sidpra et al., 2021)

La sindrome da concussione multipla (SCM) oencefalopatia post-traumatica cronica (CTE) è una patologia degenerativa progressiva dell’encefalo che si manifesta come conseguenza di lesioni cerebrali traumatiche lievi ripetute e comporta alterazioni anatomo-patologiche spesso rilevanti che interessano in particolare le aree orbito-frontali e temporali del cervello.

Le manifestazioni cliniche si evidenziano a distanza di tempo, anche decenni, dagli eventi traumatici, formando un quadro sintomatologico simile a quello della demenza. (McKee et al., 2012, 2016)  

Il trauma cranico lieve rappresenta circa l’80% di tutti i traumi cranici. L’OMS stima che una donna su tre nel mondo sperimenterà IPV (Violenza dal Partner Intimo) nel corso della propria vita (WHO, 2017), che il 42% delle donne sopravvissute subisce lesioni a causa di violenza subita dal proprio partner (Statistics Canada, 2016). Le lesioni più comuni sono al viso, alla testa e al collo, un tipo di violenza che lascia i sopravvissuti vulnerabili al trauma cranico (Sheridan & Nash, 2007)

Nell’ambito delle violenze domestiche, i traumi cranici sono spesso traumi ripetuti per un lungo periodo di tempo. Le donne sono sottoposte a ripetuti incontri violenti con il partner prima di chiamare le forze dell’ordine e subiscono numerosi atti violenti prima di lasciare definitivamente l’aggressore, rischiando di essere uccise quando tentano di andarsene o di denunciare il partner. (Haag et al., 2019)

Traumi ripetuti alla testa possono causare degenerazione del tessuto cerebrale con conseguente affaticamento, depressione e cambiamenti di umore, perdita di memoria, confusione, aggressività, capacità di giudizio alterata e difficoltà con le attività quotidiane e possono portare a demenza e altre condizioni di salute croniche (Langlois, Rutland-Brown and Wald, 2006). Le donne esposte a IPV hanno il doppio delle probabilità di sperimentare la depressione e quasi il doppio delle probabilità di avere disturbi da consumo di alcol, rispetto alle donne che non hanno sperimentato l’IPV (WHO, 2017).

Spesso i danni conseguenti a traumi cranio-encefalici di lieve entità non sono rilevati dalla RMI, ed è necessario effettuare un esame specifico, una risonanza magnetica con tensore di diffusione (DTI – Trattografia con Tensore di Diffusione), utilizzata nell’analisi dell’integrità della sostanza bianca, nelle malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer e alcune forme di tumore al cervello, per evidenziare eventuali danni dei fasci nervosi causati dai traumi ripetuti. […]

Puoi leggere l’articolo completo nella Newsletter dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica AIPG (pg. 26)

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